La zona del Barolo

Quando, nel mondo, si parla di Barolo, l’idea che si trasmette immediatamente è quella di un vino eccellente ed esclusivo. In effetti, per produrre un vino che si possa chiamare Barolo occorre seguire delle norme molto precise, che consistono innanzi tutto nell’usare un particolare vitigno, il nebbiolo, e coltivarlo unicamente in una precisa zona geografica.

Il risultato è un vino rosso granato con un bouquet di profumi e sapori estremamente complesso che, con la sua particolare articolazione che spazia tra note fruttate e floreali ai sentori di spezie, rende inconfondibile quest’eccellenza piemontese al palato degli esperti.

Il Barolo DOCG è però straordinariamente apprezzato anche da chi non è esperto di vino e si lascia, semplicemente, affascinare e avvolgere da un sapore unico, che si gusta sempre con piacere.

Per assicurare un prodotto con le caratteristiche di eccellenza del Barolo è stata delimitata, già nel 1933 e poi istituita definitivamente con decreto del Presidente della Repubblica nel 1966, una zona di origine ben precisa all’interno del territorio delle Langhe.

La zona di produzione del Barolo comprende i comuni di Barolo, Castiglione Falletto e Serralunga d’Alba e parte dei territori di La Morra, Monforte d’Alba, Roddi, Verduno, Cherasco, Diano d’Alba, Novello e Grinzane Cavour.

Chi avesse la curiosità di vedere su una cartina geografica la zona del Barolo si renderebbe subito conto che si tratta di un territorio molto limitato, che garantisce una certa uniformità nel tipo di terreno su cui crescono le uve impiegate per produrre il Barolo.

Tuttavia, questa piccola porzione delle Langhe è caratterizzata da una varietà interna notevole e quindi le caratteristiche di due bottiglie di Barolo DOCG prodotte in aree diverse, ovviamente sempre all’interno della zona di produzione di cui abbiamo detto sopra, possono essere sensibilmente differenti.

Il Barolo, come vedete, è un vino che ha, dietro di sé, una complessità notevole e una storia affascinante: quella storia di cui Giovanni Manzone si è innamorato più di un secolo fa e che ancora oggi, dopo cinque generazioni di vignaioli, è alle radici del nostro lavoro.

Che uve si usano per il Barolo?

Partiamo dalle basi: il vitigno del Barolo e del Barbaresco è il nebbiolo. Nessuna altra uva può essere impiegata per produrre questi vini e, in particolare per il vitigno del Barolo, il nebbiolo deve essere coltivato all’interno della zona di produzione DOCG e su terreni collinari, con caratteristiche specifiche.

Non tutte le uve nebbiolo coltivate all’interno della zona di produzione del Barolo, infatti, sono adatte a diventare questo straordinario vino. Innanzi tutto, le viti di nebbiolo devono trovarsi in terreni collinari, tra i 170 e i 540 metri sul livello del mare, per garantire il giusto soleggiamento e si devono evitare, almeno per le nuove coltivazioni, i terreni esposti a nord.

I terreni di Manzone Giovanni sono a Castelletto, una località nel territorio del comune di Monforte d’Alba, e si dividono in tre aree distinte:

  • i territori intorno alla cascina di Castelletto, a 450 m s.l.m, esposti a est-sudest, che producono nebbiolo da Barolo, ma anche rossese e dolcetto;
  • i 3,5 ettari di Gramolere, tra Perno e Monforte d’Alba, una terra dura e pietrosa che nella parte soprana è esposta a sud-sudovest, produce uno straordinario nebbiolo da Barolo e, nella parte esposta a nord, rossese e barbera;
  • il Ciabot Bricat, un ettaro circa esposto a sud-sudovest a 350 m s.l.m. in cui cresce un nebbiolo da Barolo di particolare complessità e struttura.

Dove si produce il Barolo?

Perché un vino possa definirsi Barolo DOCG non basta che i vitigni utilizzati siano nebbiolo al 100%, né che la zona in cui queste uve vengono coltivate sia all’interno della zona di produzione del Barolo identificata per legge, ma occorre anche che tutte le operazioni di vinificazione, invecchiamento e imbottigliamento siano eseguite nella zona DOCG.

Per produrre il Barolo, infatti, è necessario seguire una procedura ben precisa, codificata a partire da tradizioni antiche che si sono arricchite, man mano, dei contributi della moderna enologia e che costituiscono un patrimonio della aziende che, come la Manzone Giovanni, si dedicano a questa attività.

Un punto chiave, naturalmente, è il processo di invecchiamento che deve essere di almeno 38 mesi di cui 18 in botti di legno, ma che, per i nostri vini è decisamente superiore.

Il Barolo Bricat DOCG, il Barolo Gramolere DOCG e il Barolo Castelletto DOCG, infatti, invecchiano per 3 anni in botte e riposano per alcuni mesi in vasche di cemento, arrivando in commercio 5 anni dopo la vendemmia, mentre il Barolo Riserva Gramolere segue un processo di invecchiamento ancora più lungo e viene messo in commercio 7 anni dopo la vendemmia.

Ecco spiegato, in breve, dove si produce il Barolo e anche qual è il vitigno del Barolo, ma per avere una risposta davvero esauriente a tutte le vostre domande sul nostro vino non c’è cosa migliore che gustare una buona bottiglia di Manzone Giovanni o, ancora meglio, venirci a trovare e visitare le nostre cantine.